TENTATIVO DI USCITA N° 4 – Marte, corsa, multiverso

L’atmosfera è densa di CO2, il sole picchia come se in assenza di atmosfera, il terreno duro e spaccato trasuda ostilità nera. Il respiro affannoso, senza ossigeno che accidenti, mi sento dentro un film revenge-horror americano di quelli in cui vieni interrogato con un calzino sporco in gola. La protezione che indosso è progettata per impedire qualsiasi accesso degli elementi pericolosi esterni, costruita strato su strato, fino a creare un’armatura in grado di filtrare particelle radioattive, tossiche, virus. Probabilmente anche elettroni.

Marte? Tuta spaziale?

No, sto facendo jogging con una delle mascherine di mia madre.

La mia situazione psico-fisica attuale è quella di un uomo ad un millimetro dal baratro del sovrappeso depressivo, quindi è da alcuni giorni che ho ripreso a correre. Qualche chilometro, ad un ritmo che renderebbe spedita una vecchia con treppiede senza ruote e un poppante con girello scampanellante, Louis Hamilton…ma è cosi che va, cose di cartilagini da proteggere e caviglie pure. Si va piano.

Al polso ho un orologio di quelli fighi-fighissimi, ti fanno leggere i messaggi, ti dicono se stai avendo un infarto, ti avvertono quando un reduce della seconda guerra mondiale con anca di ferro tenta un sorpasso a destra

<< Allarga il gomito e fallo cadere>>

“Sorpassa stocazzo vecchio di merda”

Bam! Pieno volto.

Non ho la musica. Ce l’avevo la musica. Prima che iniziassi a correre avevo quattro (4) lettori MP3. Uno l’avevo ricomprato, uguale a quello che usavo sempre che boh, credevo di averlo perso ma ecco, ritrovato in contemporanea con la comparsa della fattura amazon di quello nuovo nella mia mail. Allora l’ho regalato, e quale occasione migliore per sfidare la sfiga, che in successione:

  • Rompe irrimediabilmente e senza ragione quello vecchio
  • Mi perde i cavi per ricaricare il secondo
  • Sfancula completamente la batteria dell’ultimo, cosi che senza alimentazione rimanga accesso giusto per la intro di Sweet Child of Mine o i primi dieci secondi della sigla di Denver

Ma non avere la musica, ho scoperto, può essere un vantaggio, perché note e voci melodiose distraggono dal mondo reale mentre così, per evitare di pensare a fatica e dolori in ogni giuntura, mi costringo ad analizzare ogni metro della mia corsetta, che si dipana lungo l’isolato…un quadrato di 100 metri per lato per un totale di 400 metri al giro, ripetuti allo sfinimento. Incredibile quante cose si riescano a notare se si presta attenzione a ciò che ci circonda, soprattutto se lo si osserva per dieci volte di fila in venti minuti.

Appena esco dal cancello, attivo l’orologio. Quello ticketta info tramite il supercomputer interno

<< Calibrazione GPS…OK>>

<<Impostazione programma di allenamento…OK>>

<< Aspetta che passi quella coppia prima di iniziare a correre che so che ti imbarazzi…OK>>

Primi passi stentati, e subito mi affianco al primo posto particolare del mio micromondo di 10.000 metri quadri.

L’ANTRO DEL MOSTRO

Il mio vicino di casa, uomo delizioso purtroppo vedovo, non vive più qua da un anno, forse due. La casa è chiusa. La siepe cresce a dismisura anche se sembra aver trovato un suo equilibrio, l’erba si mangia i sentierini interni che ormai intravedo soltanto dal mio balcone, quando mi affaccio. E in quella che sembra una promettente giungla in divenire, si annida quello che definisco ‘il mostro’.

Nessuno sa che aspetto abbia ‘il mostro’, ipotizzo sia una specie di armadillo fortemente aggressivo, o almeno cosi me lo immagino perchè non esiste nessuno che lo abbia visto. Ma c’è. Il vantaggio del non avere la musica, è che passando di fianco all’antro, lo si riesce a sentire. Avete presente quel trillo da telefono industriale, un po’ rauco, poco squillante, che ogni tanto si sente squillare sommesso nei thriller di basso livello, dentro uffici chiusi e bui? Quello è il verso del mostro, un suono profondo e continuo che si può sentire lungo tutto i due lati della siepe.

L’antro del mostro

Appena si sorpassa la siepe, 10 metri dopo la prima curva il trillo sparisce, e per 60 metri la situazione è quasi tranquilla a parte un tizio che non so se come scusa, o perché inadatto, da dieci giorni cerca di riparare sempre lo stesso cancello.

Metro numero 61, ora devo stare attento, perchè arriva…

LA  FORESTA

Poco prima della seconda curva ad angolo retto, si erge una conformazione boschiva che cerca di fuoriuscire dagli schemi capitalistici metallici anti-marxisti conosciuti come ‘ringhiere’. Fruste vegetali fuoriescono dalle fessure, specie mai scoperte prima di piante violente e vendicative cercano di schiaffeggiarmi e ferirmi con spine-velociraptor. I 18 metri che mi separano dalla curva vengono eseguiti dall’atleta che è in me in un vorticoso schiva-corri Matrix Reloaded, movimenti così istintivi tipo “la forza sia con te” che riesco ad anticipare ogni mossa della foresta ormai, ” ecco il ramo spinoso…giù la testa inclinazione di 35 gradi…ora i boccioli laser… comprimi gli addominali e piegati all’indietro per schivare i petali ninja… 1…2..3 passi sfalsati in eurostep stile NBA”. Una raffica di movimenti rapidi e disallineati che fiacca la mia già tenue resistenza, esigendo un contributo cardio-polmonare altamente debilitante, il pegno della foresta come lo definisco io.

La foresta

Una volta fuori, 4 grosse boccate di ossigeno ed eccomi subito pronto per affrontare i 100 metri della strip dove in ordine incontro per primo…

L’EX PONYEDRO

(Ponyedro è una parola inventata da me e marchio registrato)

Da piccolo adoravo questo posto, principalmente per un motivo. I pony. Cioè, in realtà il pony era sempre uno, ma misteriosamente prima o poi spariva senza che sopraggiungessero evidenti limiti di età e sostituito da un modello nuovo con criniera metallizzata. Da piccolo, ingenuo, non mi pon(y)evo certo la domanda di dove andasse a finire il vecchio pony (ora che son grande, immagino venissero portati nei luna park per pony o nel pony-paradiso dei sogni pony). Purtroppo però, il tempo passa, la fabbrica di pony sparisce…schiacciata dalla moderna esigenza di monetizzare prati per costruirci edifici brutti, ed infatti, là dove i pony rimanevano tristi e confinati in 8 metri quadrati a mangiare erba, adesso sorge una pescabitazione (una casa color pesca) con dentro individui che non ho ancora ben visualizzato visto che a seconda del grado di ossigenazione del mio sangue, dalla temperatura e dal grado di stanchezza, ai miei occhi cambiano sesso ed età ad ogni giro d’isolato.

Ex-Ponyedro

Subito dopo l’ex-Ponyedro, due mondi che si fronteggiano, anche se prima c’è da affrontare…

LAKE CRATER

Non conteggiato ufficialmente tra i laghi alpini italiani, ne possiede molte caratteristiche. Il diametro per prima cosa è enorme mentre la profondità sconosciuta ma di sicuro, contiene abbastanza acqua da spostare tonnellate di liquido nella mia direzione ad ogni passaggio di un qualsiasi natante a ruote. Sull’origine ci sono tante leggende in cui possiamo ritrovare briciole di verità: chi parla del famoso meteorite che spazzò via la colonia di cavallette locali, chi invece tende a dare la colpa a qualche oscura e ancestrale congrega di amministratori comunali di diverse legislatura fà.

Lake Crater

Lo circumnavigo ed eccomi affiancare a destra…

IL CONCESSIONARIO

Del concessionario potrei parlare a lungo. Il nome inanzitutto: ci sono macchine ovunque, parcheggiate ovunque. Ce n’è una sul prato. Una dietro la prima, sempre sul prato. Di fianco un’altra, e un’altra messa dietro il culo di traverso. Un po’ sul prato. Un po’ no. Poi altre due, in un giardino che possiede anche un pozzo di mattoni che mi sembra un oggetto bellissimo ma al contempo fuori posto, forse rubato dall’ex-ponyedro, forse lì dalle epoche passate, che so, “indiani”. Avrebbe senso. Il concessionario è anche l’antro di un’altra bestia immonda, Vlad Roitmann IV, rottweiler di infida moralità, attentatore delle coronarie e chiaro indice di come muretti e recinti, se solo il cane avesse l’intelligenza che ne so, di un corvo, siano assolutamente inadatte e inefficaci per un mostro del genere. La bestia, discendente di Cerbero, è comunque abbastanza intelligente da tessere trappole e agguati improvvisi, tipo quando me lo ritrovo che mi sbava addosso senza mascherina a meno di venti centimetri dalla faccia, sfuriando dalle inferiate con quella bocca grossa quanto quella di uno squalo toro.

Vlad Roitmann IV

Il secondo mondo, di fronte, è la scintillante…

LAS VEGAS

Casetta in stile quasi-americano, pre-fabbricata venuta su in una notte misteriosamente e all’improvviso, due-tre anni fa…rialzata dalla sede stradale, dotata di palma scenografica, moquette finta, doppia altalena incatenata al sotto tetto, piscinetta e doccia esterna e soprattutto, mega televisore di un polliciaggio che non credevo fosse fisicamente producibile da qualche azienda e che troneggia dietro le enormi finestre a scorrimento frontali. Ovvio che quando passi davanti a cose cosi, ti viene da pensare a quanto sarebbe stato fico avere una casa del genere da piccolo. Sarei stato più felice adesso? Meno ciccione? Più veloce anche? Li avrei avuti ancora i capelli?

Las Vegas

Mentre rifletto su questo concetto, raggiungo gli ultimi due lotti di questo lato del mio personale Monopoly ristretto. Sulla prima in realtà, c’è poco da dire, trattasi de…

GLI INGLESI

Non credo siano inglesi. Lo erano quelli che abitavano in questa villa dal costo di un programma spaziale americano, prima di loro. Sembra una famiglia normale con un esagerato bisogno morboso di fare il prato ripetutamente, più volte a settimana. Forse sanno cose sull’erba tagliata che gli altri umani non sanno. Forse è quello il segreto per cui si sono potuti permettere questa reggia, cosi giovani. Forse semplicemente, di lavoro fanno i giardinieri con partita iva e si intestano a se stessi delle fatture false per lavori fatti a casa loro, riciclando soldi, non ne ho idea.

Gli inglesi

Subito di fronte, ecco…

STOP-INVERSO

In questa casa non ci ho mai visto nessuno. Credo fortemente che il suo unico abitante sia un cane. Di quelli vagamente simpatici avete presente…che a volte abbaiano, a volte no, a volte si appoggiano al cancello ad ululare. Quello che però noto sempre, è il cartello di STOP girato verso il loro viale di ingresso e non verso la strada. Forse ci sono dentro davvero degli abitanti e il cane non è il vero proprietario? Che si tratti di una quarantena? Magari li dentro c’è una famiglia, da anni, confinata per motivi a noi sconosciuti, con tanto di cartello che appena mettono il naso fuori dal portone gli ricorda…

<<NON PUOI ANDARE DA NESSUNA CAZZO DI PARTE>>

…e magari il cane stesso fa parte di quel sistema di guardia predisposto da un governo oscurantista, per evitare che le creature della casa Stop-Inverso fuoriescano, contaminando il mondo.

Stop-Inverso

Sorpasso la boa dei 200 metri. Altri 100 metri tranquilli prima di raggiungere l’ultimo mondo del multi-verso del mio isolato…

UOMO SOLO

Non so come si chiami il mio vicino di casa, ma io lo chiamo l’Uomo Solo. Uomo Solo è stato coniato da me e mia sorella, anni fa. C’è sempre stato uno strano rapporto con l’uomo solo, perchè quando mi sedevo al computer, a lavorare (ahaha), me lo ritrovavo esattamente nella stessa posizione, di fronte alla mia finestra, anche lui al PC, che lavorava. Prima c’erano i suoi genitori, poi sono morti…e a me e mia sorella, vederlo vagare per il giardino, vederlo fumare sul balcone ce lo faceva apparire come una persona profondamente triste. Da allora è l’uomo solo. Il tempo passa, l’uomo solo è ancora li, il mio contraltare nelle notti in cui l’unica luce accesa è la sua. Il giardino diventa un caos, gli infissi si stortano, muoiono anche i cani, i due piani di casa prima sempre accesi, diventano un lumicino. Però poi succede qualcosa, sul balcone prima spunta una donna. Poi il barbecue, per anni spento e pieno di frasche, si riaccende e il fumo diventa più frequente e ora c’è anche un tavolino in mezzo al prato. Comincio a vederci amici che bevono birra seduti attorno, sempre più spesso, che mangiano salsicce. Altri anni, la donna adesso è al telefono sul balcone, da tempo il PC non c’è più, ora li c’è una camera, mentre il mio, di PC, rimane sempre allo stesso posto…io rimango nello stesso posto. Ogni tanto escono assieme sul balcone. L’uomo solo e Donna. Il tempo continua a scorrere, come sul mio orologio digitale gps ma moltiplicato x10000, sono passati altri mesi, forse anni? Il mio PC è sempre inscatolato nello stesso angolo, ci sono solo più cose attorno, più polvere. Ma la sedia è la stessa, continuo a sedermi sopra questo legno rigido, a proseguire nella routine della mia vita, gli orari che si ripetono…e l’uomo solo? Dal balcone non lo vedo da un po’, ma adesso, sempre più spesso, ci sono due ragazzini, seduti per terra.

Quando corro accanto alla casa dell’Uomo Solo, per gli ultimi cento metri del mio giro, lo vedo che gioca con i due ragazzini, credo i figli, mentre Donna li osserva dal solito bancone. Una catasta di rami lascia presagire un altro barbeque con gli amici e, adesso, con la sua famiglia.

E non posso che pensare al fatto, alla fine del primo giro, con quei numeri sul display che scorrono veloci, che…

“Forse sono io, l’uomo solo?”

Quanti giri mi rimangono?

Mappa del multi-verso

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