Monthly Archive: Settembre 2021

È incredibile quanto in fretta arrivino le sette

“È incredibile quanto in fretta arrivino le sette non pensate?”

Sono in un bar. Dentro perché fuori piove e sembra inverno anche se ancora manca un equinozio. Son dentro quattro mura diverse dal solito perché il “fuori piove e sembra inverno” si è portato via il sole e la mia linea telefonica a casa e ve lo dico, non ho voglia di leggere. Ne ho una pila, ma non ho voglia di leggere. Libri a metà, meno della metà, quasi finiti, sequela infinita di scontrini come segnalibri infilati dentro, qualcuno con ancora le lire sopra, altri cosi scoloriti che a stento si intravede qualcosa ma che comunque non mi impegnerei a decifrare perché l’ho già detto, non ho voglia di leggere. Mi manca da un po’ la voglia di leggere e a casa mi manca internet da stamattina. La mia stanza senza internet è vuota nonostante le pile di libri.

“Se hai due macchine e devi uscire con una ragazza…la scelta dipende solo da una cosa: se con questa ci devi ancora scopare o ci hai già scopato. Se ci hai già scopato prendi la più comoda per scoparci dentro…se invece devi ancora scoparci, scegli la più pulita o la più bella capito?”

“Capito”

Non ho nemmeno una gran voglia di bere. Il senso di prendere l’ennesima coca zero con il ghiaccio perché sono ancora quasi le sette ed è troppo presto per il rum e in teoria è ancora estate e quindi è troppo presto per abbandonare il ghiaccio, non lo trovo. Perché non prendo una cioccolata? Quando te la fanno gli altri è buona…non è quella merda che mi preparo da solo.

“…ora…ci sono ste due ragazze no? Ed è un casino gestirne due quando c’è un’amica di mezzo che conosce entrambe anche se fra di loro non si conoscono…un vero macello…a te ti è mai capitato?”

“Una sola volta…all’asilo”

Tra i ricordi più antichi che ho, ci sono io che rompo le ruote della mia macchinina preferita nel salone dei giochi dell’asilo. Poi la mia macchinina arancione persa nel divano di mia zia e mai più ritrovata. Poi il camion dei pompieri, che io ricordo grande enorme e con un sacco di cose che si muovevano, ricordi ingigantiti dal dramma della perdita. Se avessi dovuto scegliere su quali dei tre scoparne una sicuramente avrei scelto il camion. A volte penso che sarebbe figo arrivare alla prima di un film, da personaggio famoso, e arrivarci in camion o trattore. Dare le chiavi al ragazzo del parcheggio chiedendogli di fare attenzione al rimorchio o all’aratro.

“Rimorchio? Chi hai rimorchiato?”

“Scusa…parlavo tra me e me”

“Beh…perché neanche a farlo apposta io l’altra sera…”

L’altra sera. Le avvisaglie di un freddo imminente l’altra sera. Infilarsi la giacca. Chiudere la finestra di notte. Quel mal di gola. Bevo l’ultima goccia di Coca deviando tutto verso quell’angolo infiammato. Avrei dovuto ordinare un the, che quando te lo fanno gli altri è sempre più buono. Farci mettere del miele. Farsi portare una sciarpa che quando te la uncinettano gli altri è sempre più bella di quando te la uncinetti te. Farsi portare la ricetta per uno di quegli spray magici o caramelle balsamiche che sembrano gioielli, blu traslucenti.

“…no è che alla fine non mi piaceva…ero stanco di starci assieme. La verità è quella. L’ho vista l’ultima volta alla libreria…ci siamo salutati e bon…”

Saluto il tavolo, sono stanco. Cammino verso la mia macchina anche se vorrei che fosse un camion. Tornerò alla mia stanza con troppi libri e troppo poco internet. Forse andrò a dormire presto. Forse mi farò un The anche se non sarà buono come quello di un bar. Forse per una volta dormirò profondamente e mi sveglierò solo domani mattina, sorprendendomi di quanto in fretta arrivino le sette.

Un tranquillo sabato al mare

Vado a dormire ad orari improponibili svegliandomi al primo strillone che urla “Pesce! Pesce! Pesce!” o quell’altro in macchina, che in 30 anni che lo sento non ha mai cambiato l’altoparlante e che se anche recitasse la Divina Commedia alla perfezione si capirebbe comunque e solo “Bambarembebeeeeurrr” gorgogliante ed ecoeggiante tra le vie del mie paese.

Mai capito cosa venda.

Il pomeriggio al mare, sabato, precisamente tra le 12.30 e le 14.30, quando la spiaggia da morbido rifugio estivo si trasforma nel deserto radioattivo di Mad Max, è il momento giusto per dormire quel paio di ore che mi permettano di andare avanti fino al prossimo giorno. Sempre che, non sia circondato da una schiera di personaggi che turbano il mio equilibrio psicofisico.

Come il bagnino che ho a pochi metri di distanza, esteticamente più simile ad un esperto di Carbonara e agonista in gare di mangiatori di anguria e maionese che un baluardo del salvataggio marittimo, nonostante il salvagente già incluso nella struttura fisica in zona ombelico. Nel suo doppio ruolo di salvatore di vite (“Tranne la sua!” urlano le coronarie) e gestore dello stabilimento balneare, strilla continuamente ordini a ragazzi-schiavi sottopagati che occupano abusivamente la spiaggia alla prima famiglia che si leva dal cazzo rubando un altro pezzo di sabbia pubblica, di corsa, sfoderando uno strano aggeggio per fare i buchi da cercatori di petrolio. Buchi in cui infilano un megaombrellone con tanto di tavolino integrato e due sdraio larghe quanto un pannello fotovoltaico industriale.

In una sorta di catena di favori di stampo mafioso, in poco tempo 30 suoi parenti e amici occupano gran parte della spiaggia libera creando una tendopoli che odora di melone e nduja e dove l’unica legge è la loro.

La lingua è incomprensibile ai più.

Le famiglie attorno non sono meglio. Una ha un branco di pargoli che urla “Onde più alte! Onde più alte!” credendo di spronare la natura a fare meglio di queste ondine da due metri con magari uno Tsunami quando pesano 50 kg se messi tutti assieme, bagnati, dentro un sacco di liuta e verrebbero spazzati via da un vento a 0.5 km/h, figurarsi da un’onda. Vorrei suggerirgli di provare a spronare Dio urlando una bestemmia per insegnare il metodo, ma mi contengo.

Quella alla mia destra invece, ha dei problemi con la prenotazione su Booking ma si trova nell’unica spiaggia della zona con la stessa copertura di rete del lato oscuro della luna.

“Houston abbiamo un problema con quel B&B ad Alghero…non è arrivata la mail di conferma”

Questa cosa la manda in bestia e quindi sbraita e maledice operatori telefonici e celle satellitari neanche fossero patroni di qualche villaggio dell’entroterra, San Vodafone prega per noi. Nella disperazione più totale, cerca il supporto del marito, una specie di campionario dei 10 metodi più stupidi per ustionarsi in vacanza, spiaggiato come un cetaceo su una sdraio con sopra un coraggioso asciugamano della Kinder che a stento lo contiene e sotto tre ombrelloni che “Dracula levati!” dall’ombra che c’è li sotto. Il buio. Tenta di calmarla gesticolando evitando che i suoi arti tocchino la luce che ormai è sicuro, lo ridurrebbe in cenere almeno quanto la moglie. Se non ci fosse ‘audio’, la scena si potrebbe leggere come una donna che impreca contro il mondo per la sfortuna del suo uomo lebbroso.

Circondato da disagio e fastidio non posso che rifugiarmi in acqua sperando che Dio Nettuno sia più clemente di quello celeste ma oggi è evidentemente la giornata della sofferenza e quindi ecco altre famiglie ma stavolta con i pedalò, e nemmeno quelli base di quando ero piccolo io, che in pratica erano delle zattere non-biodegradabili che negli anni avranno fatto fuori 300 specie diverse di fauna marina, ma Pedalò-catamarani alti 3 metri dotati di scivoli degni di un aquapark, fucili ad acqua con pressione 300 bar, Soundbar da 4000 Ampere caricata a Reggaeton.

L’idea di un classico bagno da vecchio di merda viene infranto da partite di Acqua-volley, MILF in pose instagrammabili e tutta la flotta di Pedalamarani che sembra in procinto di emulare Dunkirk.

Sconfortato e confuso, esco dal campo di guerra proprio mentre la flotta a babordo decide di attaccare le navi a tribordo e le truppe appena sbarcate, attaccano con i loro superliquidator.

Decido di andarmene raccogliendo i miei stracci e il mio ombrellone. Lo spazio viene subito conquistato dal clan del Bagnino in meno di dieci secondi che “ce ripigliamm’ tutt’ chell che è ‘o nuost”.

Mentre sono sulla via del parcheggio, sento il cellulare che vibra

“Domani sono a casa…mare?” mi chiede Michela.

Domenica. Agosto. Io che non imparo mai nulla da miei errori. Cosa potrà mai andare storto?

“Certo” le dico.