L’umiltà di sentire freddo

L’abbassamento drastico delle temperature qua nel nord d’Italia, mi ha fatto ricordare di un problema che mi trascino da anni: il termosifone in camera da letto non funziona.

Dovete sapere che il termosifone ad acqua è una creatura semplice, gli si infila un tubo da una parte da cui entra acqua calda e gliene si attacca un altro per fare uscire l’acqua che si è raffreddata. Il termosifone è tra le creature di Dio più semplici. Un termosifone non vi chiederà mai che ne so, delle scaloppine al limone invece dell’acqua e nemmeno un McCallan invecchiato 30 anni. Neanche un Jack Daniels, solo acqua.

Negli anni, non gli ho mai fatto mancare nulla al mio termosifone, ma nonostante l’abbondante calore dell’acqua che la mia caldaia gli fornisce, lui non ne vuole sapere di scaldarmi la camera. Esperti dicono che potrebbe avere del calcare, una malattia che assomiglia vagamente ad avere le arterie intonacate di colesterolo cattivo e burro. Esperti dicono anche che dovrei disfarmene e prenderne uno nuovo, cosi da evitare di dover mettere un appendiabiti all’ingresso della camera da letto con le giacche e le felpe pesanti, neanche fosse la porta d’uscita verso il mondo brutto e freddo che sta all’esterno di una baita in Alaska.

Gli esperti hanno ragione ovviamente, ma sapete qual è il problema? Me lo dimentico. Lo metto quotidianamente in lista tra le cose di cui occuparmi, ‘numero 13 nell’odierno elenco dei problemi da risolvere’. Solo che non ci arrivo mai a quel numero 13. Ogni tanto guadagna posizioni quando la stanza diventa ottima per la conservazione dei surgelati o quando mi sveglio con il raffreddore o quando mi cambio e sembra che lo stia facendo in centro Londra la notte di Natale, ma il pensiero dura il tempo di un cambio di stanza ed ecco che il tepore tropicale del resto della casa soffoca il pensiero con un soffio di aria calda.

Lo noto solo quando davvero ci faccio caso, cosi soggiogato dall’abitudine delle cose che non funzionano o che funzionano solo al 20% e che a volte basta, come quando lo tocco e sento un leggero tepore e quasi mi accontento di quel differenziale di temperatura minimo che non scalda manco per il cazzo.

“Ma si, dopo ci penso” ed ecco che il problema non diventa così essenziale, gli anni passano e il problema viene spostato nel sotto-tappeto, dove metti tutte le cose che dovresti risolvere ma che non affronterai mai e li rimane, perennemente fuori dalla top ten, un vecchio pilota di formula 1 con una macchina di merda.

In quei rari momenti in cui do una sbirciata poco interessata e quasi disgustata al mondo sotto il tappeto, mi ritrovo a pensare che il tempo, sia una specie di muratore instancabile…uno che non punta alla qualità ma solo a costruire. Lui deve mettere mattoni su mattoni spennellando malta, il più in fretta possibile. La torre viene su storta e brutta, è evidente…e dall’alto vedi come pende tutta da un lato e noti i disallineamenti tra le mura…lo vedi chiaramente che ci sono dei mattoni storti sotto o che sporgono o che sono proprio mancanti e tu glielo dici chiaramente al tempo che…

“Sta uscendo una merda!”

…ma lui ti risponde “Ma si, fammi finire che poi quando scendo la aggiusto”.

Il problema è che né tu né lui avete mai pensato a costruire anche le scale.

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